Tip:
Highlight text to annotate it
X
In questi giorni esce il mio nuovo saggio economico sulla crisi del sistema Italia e
del potenziale default del debito pubblico italiano. “Il futuro che attende l'Italia,
era il mio Paese”. In molti mi scrivono chiedendomi quelle che possono essere le più
probabili ipotesi di evoluzione dello scenario economico e macroeconomico in Italia, i recenti
episodi di cronaca finanziaria che hanno portato alla ribalta il potenziale default o crash
finanziario della Banca belga, la Dexia con ripercussioni su tutto il sistema bancario
europeo fanno capire che in questo momento l'attenzione soprattutto delle attività monetarie
sovranazionali è incentrato nel preservare la stabilità del sistema bancario e dall'evitare
fenomeni di ulteriore contagio. Di certo quello che abbiamo percepito con
la complicità delle agenzie di rating che hanno emesso l'ennesimo downgrade sul nostro
Paese che quanto prima urge una manovra consistente volta al risanamento dei conti pubblici non
per 30/40 miliardi di Euro come abbiamo avuto modo di sentire dall'esecutivo in questi ultimi
periodi, ma notevolmente più consistente, 400/500 miliardi di Euro. Questa è la risposta
che si attendono le Comunità finanziarie internazionali, le grandi banche d'affari.
Che tipo di futuro ci attende a breve? In prima battuta un autunno e un inverno caldissimi,
non solo sul piano del gossip politico italiano, ma soprattutto per le tensioni finanziarie
che sono ogni giorno più intense e più dirette. Con l'ultimo libro ho voluto dare un quadro
su quello che è oggi il sistema Italia, quello che è diventato negli ultimi dieci anni a
seguito dell'ingresso nel WTO della Cina e poi la trasformazione sia dal punto di vista
imprenditoriale del tessuto della piccola e media impresa, come è mutato il panorama
bancario, faccio sempre l'esempio di un ambiente, quello italiano che ha visto la scomparsa
di tre grandi banche di stato di interesse nazionale con la sostituzione di tre grandi
gruppi bancari, adesso privati che si contendono oltre 60/65% del mercato dei prodotti bancari
e parabancari, in aggiunta con le problematiche deficitarie del sistema accademico, quindi
la capacità di preparare dell'università italiana. Non per ultimo le problematiche
strutturali che abbiamo sul settore primario, quindi settore agroindustriale con la sua
filiera che viene messa profondamente in crisi a fronte dei prodotti che iniziano a arrivare
dal di fuori della Comunità europea che inquinano la qualità e la consistenza del prodotto
tipico italiano. Purtroppo il nuovo Paese è ormai in declino
industriale e subisce le conseguenze dei fenomeni globalizzanti. Un Paese in via di sottosviluppo
che dovrà creare occupazione, parliamo di centinaia di migliaia in alcuni casi, milioni
di posti di lavoro che sono venuti meno, sono stati polverizzati al di là della crisi ma
proprio per la trasformazione che ha caratterizzato il nostro Paese.
La speranza che dovremmo avere noi tutti, trentacinquenni se vogliamo continuare a rimanere
in Italia è che si assista a un fenomenale cambio di governance politica appoggiato da
un movimento di rivolta giovanile al pari di quello degli Indignados in Spagna e di
quello che stiamo percependo adesso sui mercati anglosassoni con gli Stati Uniti e l'Inghilterra
che porti all'emersione di una nuova Terza Repubblica, una nuova forza di rappresentanza
popolare che riesca a dare spazio alla volontà di cambiamento e di rinnovamento, solamente
mettendo il Paese a disposizione delle potenzialità giovanili, riusciremo ancora a avere un'Italia
in grado di competere e di mantenere un ruolo non dico dominante, ma se non altro di rilievo
sul panorama internazionale, al di fuori di questa possibilità, purtroppo ci aspetta
un lento e triste progressivo fenomeno di impoverimento sia economico che sociale che
poi avrà delle ripercussioni sul vivere di tutti quanti noi.
Non per ultimo i nostri risparmi saranno toccati in maniera consistente a fronte dell'indebolimento
e della necessità del sistema bancario di rafforzarsi nel momento in cui cominceranno
a peggiorare la qualità del credito che è stato erogato in questi ultimi anni e a fronte
dei quali sarà veramente molto difficile poter riuscire a tamponare, a risolvere il
quadro dal punto di vista macro . La maggior parte delle richieste via mail
che mi sono arrivate in queste ultime settimane menzionano il rischio di questa fantomatica
o presumibile imposta patrimoniale in Italia. Premesso che il patrimonio di 8 trilioni di
Euro suddiviso tra asset finanziari e beni immobili, l'Italia ha una base imponibile
che nessun altro Paese al mondo può vantare e quindi darebbe molto adito alla presunzione
che da qui a qualche mese qualche governo, soprattutto imposto dall'alto, quindi un governo
tecnico, metta in essere una di queste strategie per il risanamento dei conti pubblici in Italia.
La dimensione di questo intervento purtroppo non può essere nota, ma può essere ipotizzata.
C'è chi stima un 3, 4, 5% cumulato tra patrimonio immobiliare e finanziario e che oggettivamente
darebbe quell'ammontare di risorse finanziarie necessarie per l'abbattimento consistente
dello stock di debito pubblico italiano. La mia personale presunzione è che si andranno
a colpire soprattutto gli asset finanziari, quindi la gran parte delle giacenze liquide
sotto forme di liquidità dei conti di deposito, libretti vincolati perché la maggior parte
degli italiani, vista l'attenzione e la turbolenza finanziaria dei mercati in questo momento
è posizionata attraverso questi contenitori. Purtroppo ricordiamoci sempre che la patrimoniale
è un'imposta che non è democratica, ma andrà a colpire chi fino a oggi o ha pagato sempre
le imposte o chi ha accantonato risorse in maniera equa, corretta e soprattutto nel pieno
rispetto della fiscalità diffusa italiana. Il mio personale augurio o pensiero è che
qualora venga implementata, venga varata questa imposta che vada a generare un ingente quantitativo
di risorse per il Paese, queste risorse verranno utilizzate da un nuovo esecutivo, non da quello
attuale, altrimenti sarebbe una battaglia persa all'inizio! Un esecutivo rappresentativo
delle istanze e delle motivazioni di rinnovamento che arrivano in questo momento, soprattutto
da parte delle giovani generazioni di ragazzi italiani, 30/35 anni che per la stragrande
maggioranza vivono con un futuro profondamente incerto non solo dal punto di vista finanziario,
ma soprattutto occupazionale.