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Salve, visualizzatori e visualizzatrici di ogni tempo ed ogni spazio.
Ben ritrovati ad un altro video di discussione in compagnia del sottoscritto, Uomo d’Altri Tempi.
Oggi voglio parlavi di un fenomeno sociale che è stato possibile riscontrare in una buona parte della storia moderna,
in particolar modo dalla fine della 2° Guerra Mondiale in poi.
Sto parlando delle mode decennali (alcune delle quali piuttosto discutibili) che hanno caratterizzato la crescita culturale e mentale
dei componenti di questa nostra società moderna, e che hanno portato alla nascita di numerosissimi gruppi sottoculturali.
Per cominciare, occorre ricordare che nell'immediato dopoguerra (specificatamente alla fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50)
le riprese in ambito economico e sociale della popolazione globale, soprattutto di quella occidentale,
favorirono un benessere pubblico che contribuì a dare alla luce a quel fenomeno che è stato definito come “Cultura Pop”.
Da questo fenomeno sociale cominciarono a formarsi le prime forme di sottoculture moderne,
ovvero quelli insieme di stili di vita ed idee perseguite e apprezzate da una comunità di individui (generalmente una nicchia, globalmente parlando),
e che decidono pertanto di stabilire dei regolamenti interni al loro gruppo e un ritrovo comune per poter così discutere e apprezzare queste loro opinioni insieme.
Queste sottoculture sono così diventate, nell’immaginario collettivo, delle icone del particolare periodo in cui quest’ultime si sono formate,
utili per riferirsi agli specifici archi temporali dei quali le persone desiderano parlare nei discorsi nostalgici che decidono di imbastire.
Prima di proseguire, specifico che non sono affatto un esperto in alcun settore dedito allo studio dei comportamenti sociali e delle meccaniche ad essi legati:
questo discorso che mi accingo ad imbastire si baserà sulle conoscenze che ho acquisito attraverso alcuni testi che trattano l’argomento (che ho letto per diletto)
e su resoconti riguardanti la mia esperienza personale, senza ulteriori approfondimenti.
Pertanto gran parte della trattazione sarà alimentata da opinioni personali, e quindi essa sarà di valenza opinabile e assolutamente contestabile.
Addentrandosi nell'argomento, quindi, per farsi un’idea al riguardo, occorre definire quali sono queste sottoculture, citandone alcune tra le più conosciute.
Partendo dagli antipodi, nei primi tempi degli anni ’50 nella cultura statunitense si ebbe la comparsa di quel gruppo di individui
che si caratterizzava per il vestiario rappresentato da giacchette in pelle nera, magliette o canottiere bianche sotto la giacca,
pantaloni in jeans e un taglio di capelli alla pompadour, e che vennero definiti come “Greasers”,
per via dell’uso eccessivo di brillantina che queste persone impiegavano per le loro acconciature.
Nel precedente video mi sono lasciato leggermente andare quando ho citato questo gruppo, in quanto, non lo nego,
detesto con ogni mia parte d’animo ciò che rappresenta questa sottocultura, per via degli ideali che perseguiva:
gli appartenenti a questo gruppo miravano ad emulare il famoso cantante (e grande icona del Rock ‘n’ Roll) Elvis Presley,
dedicandosi all’ascolto delle canzoni di questo genere musicale, imponendosi sulle altre persone come “i più fighi del circondario” e sminuendo tutti gli altri con la definizione di “sfigati”,
nutrendo oltretutto una spasmodica fissazione per la cura estetica, soprattutto della capigliatura.
Questi individui sono stati i capostipiti dei bulli moderni: violenti, spocchiosi e vanitosi; ed è per questo motivo che non li posso soffrire.
Ed inoltre detesto questa categoria in maniera indiretta per il fatto che veniva utilizzata da una buona parte degli statunitensi di allora
come riferimento stereotipato e di cattivo gusto verso gli immigrati italiani.
Fortunatamente scomparvero quasi totalmente verso la fine del decennio, e a partire dagli anni ’60 fece la sua comparsa un’altra corrente sociale che altresì non apprezzo,
ma stavolta questo mio giudizio non si riferisce agli ideali che i suoi adepti perseguivano, quanto per come questi individui abbiano gestito il fenomeno:
sto parlando degli “Hippies”.
Questa categoria era composta da persone che si riunivano sotto i concetti di pace e armonia sopra ogni cosa,
schierandosi contro le guerre e i pregiudizi e inneggiando l’amore libero nelle piazze.
Celebre in questo è il noto motto del periodo “Mettete un fiore nei vostri cannoni”, legata alla nomea di “Figli dei fiori” con la quale era altresì definita questa comunità.
Questo fenomeno sottoculturale, diversamente da quello dei Greasers, si diffuse sia negli Stati Uniti che in una buona parte del territorio europeo, e fu promotore
(in special modo tra i giovani) di tante battaglie sociali quali quella sui diritti civili delle donne (soprattutto qui in Italia),
sui diritti dei lavoratori, sull'abolizione dei pregiudizi razziali e delle guerre, soprattutto quella del Vietnam (posizioni entrambe sostenute negli Stati Uniti).
Ciò che detesto di questa comunità non sono, come ho già detto, gli ideali, del tutto condivisibili, ma la gestione che fecero di questo fenomeno e delle manifestazioni ad esse annesse:
nonostante il grande impatto mediatico che ebbero, la quasi totalità dei componenti facente parte della cultura Hippy,
all'inizio degli anni ’70, si divise e portò allo scioglimento del movimento.
Così i suoi giovani esponenti finirono col divenire le stesse figure lavorative e pubbliche contro cui per tutto il decennio si erano schierati contro,
e portarono così una buona parte dell’opinione pubblica a considerare questa "forma mentis" come una semplice moda giovanile passeggera, e nulla di più.
Fu poi la volta degli “Yuppies” degli anni ’80, uomini e donne in carriera che aspiravano a rivestire cariche prestigiose e ad occupare posizioni di spicco nella società,
rivelatisi ben presto essere dei semplici arrivisti che sfoggiavano abiti eleganti e i nuovi ritrovati tecnologici del momento
(per intenderci, i telefoni cellulari dell’epoca e i primi compact disc)
con il solo scopo di apparire superiori rispetto ai propri colleghi di lavoro e (metaforicamente parlando) “fare loro le scarpe”.
Ovviamente queste che ho citato sono solo alcune delle tante tendenze sottoculturali che si sono venute a creare sia in questi periodi storici che ho preso in considerazione,
che nelle successive due decadi (musicalmente parlando, degli esempi possono essere la cultura punk e quella hip-hop).
Infatti, queste comunità sotto il cui simbolo e la cui effige le persone desideravano unirsi,
sono nate come risposta e alternativa al costante desiderio di trovare una propria individualità ed un riconoscibile,
personale e rappresentativo stile di vita in una società costituita da tanti preconcetti, e da schemi fissati e prevedibili.
E grazie a questo desiderio, i vari gruppi sottoculturali formatisi sotto un particolare ideale (esso sia di carattere musicale, politico, sociale, pseudo religioso o legato all'abbigliamento)
rappresentavano la componente di individualità che permetteva alla società globale di mantenere una certa varietà di pensieri ed opinioni che andava a bilanciarsi con l’altra facciata costante della società,
e con le quali era possibile accrescere la propria personale visione d’insieme e arricchire il proprio bagaglio di informazioni al riguardo.
Tuttavia, mi è capitato di riscontrare (e a quanto pare non è capitato solo a me) nell'abituale ambiente di vita,
una repentina scomparsa di questo fenomeno delle mode sottoculturali negli ultimi 4 anni,
soprattutto tra gli adolescenti, che sono sempre stati i maggiori fruitori di quest’aspetto sociale.
Difatti, a partire dall'inizio dell’odierno decennio, non si è riscontrata la formazione di nuove correnti sottoculturali,
in concomitanza con la rapida diffusione tra tutte le classi sociali dell’impiego della rete Internet e degli apparecchi capaci di accedervi.
La rapida accessibilità alle informazioni e la possibilità di poter entrare in contatto con tante persone e realtà appartenenti a vari luoghi e differenti culture,
ha infatti ridotto notevolmente i tempi di ricerca del sapere, così come quelli riguardanti le novità in merito alle tendenze del momento e alle mode.
Questo aspetto ha portato sì una veloce capacità di rapportarsi con gli andamenti sociali del globo,
ma ha altresì causato lo sviluppo della prospettiva contro cui il concetto di sottocultura si batteva: l’omologazione dei pensieri e dei costumi.
Nel contesto sociale, omologazione significa impoverimento culturale, poiché in assenza di quella componente individualista rappresentata dalle sottoculture,
il pensiero comune si allinea tutto lungo un univoco schema e un’unica "forma mentis",
portando ad una stagnazione delle idee e delle opinioni che poi andranno ad essere fondamenta di discussioni.
E con la comparsa dei social media e la grande diffusione degli apparati tecnologici con i quali collegarsi ad essi
(facendo leva sulle insicurezze e le tensioni dei soggetti riguardo la possibilità di finire esternati dal gruppo umano globale),
favorisce la scomparsa della personalità per rendere le persone tutte uguali, e quindi ancor più facilmente influenzabili.
Poc'anzi ho fatto riferimento ai giovani adolescenti di questo periodo odierno proprio in merito a questo aspetto:
i ragazzini che si incontrano sia nelle strade che nelle aule scolastiche presentano quasi tutti uguale vestiario, uguale taglio di capelli, uguale approccio con cose e persone, non differenziati da alcuna diversità.
Situazione astrusa considerando la particolare età di sviluppo in cui si trovano, fatta di conflitti e ricerche personali;
proprio la stessa età in cui io, i miei coetanei e tutti coloro che hanno vissuto prima di me il periodo adolescenziale,
cercavo e cercavano una propria individualità e delle persone affini con cui discutere ed apprezzare
quelli aspetti che stavano caratterizzando questa nostra condizione d’individualità.
Non so se questa situazione sia da considerarsi solo come una semplice fase di transizione della complessa e variabile trasformazione culturale e sociale della nostra comunità,
o sia proprio definibile come la fine delle sottoculture per come le abbiamo sempre conosciute; né tanto meno ho le competenze per poterlo stabilire in qualche modo.
Posso solo ribadire ciò che ho avuto modo di constatare, e lasciare alla mia parte nostalgica il compito di nutrire la speranza
che si tratti solamente di un breve intervallo nella storia delle mode sottoculturali.
Bè, mi solo dilungato un po’ troppo, stavolta…
Se desiderate espormi il vostro pensiero al riguardo, fatelo pure, se volete, con dei commenti:
saranno ben accetti, ancor meglio se saranno argomentativi…
La discussione, il continuo confronto e lo scambio di vedute sono sempre una grande opportunità di crescita personale…
Se siete arrivati fino a questo punto nella visualizzazione, vi ringrazio per aver avuto la pazienza di ascoltarmi,
, e spero di aver acceso la scintilla della discussione in voi, su questo argomento.
Un saluto, ciao..!